Avere una bella casa è alla portata di tutti.

Per migliorare l’estetica della propria casa serve un “saper fare”.  Ma anche da soli si possono fare i passi giusti, concentrandosi sul progetto.

Quante volte si pensa che è facile avere una bella casa se si hanno i mezzi economici per acquistare immobili di pregio, arredamento di lusso o di design? E ci si convince che la bellezza non è alla portata di tutti, ma solo per chi se la può permettere? Ma è sempre vero? E quali sono quindi le buone pratiche per progettare la propria casa in modo corretto?

Di cosa parla questo post:

Testa, occhi e cuore per fare la casa più bella.

Certo è vero che le cose costose hanno, perlopiù, un valore proprio dato dalla fattura e dai materiali utilizzati che si traduce in valore economico, e possono per questo diventare irraggiungibili.

Tuttavia, come l’eleganza e lo stile spesso prescindono dal vestito, ma sono qualità della persona, allo stesso modo vivere nel bello può essere alla portata di tutti. Perchè la bellezza si trova anche in contesti semplici.

Un’idea sbagliata è quella di pensare che riempiendo la nostra casa di oggetti si possa aggiungere eleganza. In realtà una commistione di pezzi senza regia, che siano tanti o pochi, costosi o meno, non aiuta. Ci sono case bellissime e dall’estetica perfettamente realizzata anche con pochi elementi. Le case possono essere minimaliste senza essere spoglie o povere, possono avere cioè una bellezza essenziale.

Avere una bella casa è alla portata di tutti: qui un esempio di ambiente minimalista dominato dal bianco delle pareti spoglie dove pochi oggetti basici, un tavolo, alcuni sgabelli, vasi in tinta con gli sgabelli, realizzano l'estetica della stanza.
Esempio di ambiente dove pochi oggetti basici realizzano l’estetica della stanza. Foto: Ksenia Chernaya/Pexels
Avere una bella casa è alla portata di tutti: qui un esempio di parete la cui estetica vintage è realizzata dalla scelta e disposizione di oggetti comuni démodé: quadretti, piattini, barattoli in vetro, barattoli di latta.
Esempio di parete la cui estetica vintage è realizzata dalla scelta e disposizione di oggetti comuni. Foto: Maria Orlova/Pexels

Tecniche e stratagemmi per fare la casa più bella aiutano a realizzare luoghi in cui stare bene. La psicologia del colore applicata all’interior design ci offre strumenti molto utili ed efficaci. Perchè si può utilizzare il colore per rendere lo spazio più accogliente, più armonico e quindi in grado di suscitare sensazioni positive. Si può cioè ottenere un senso di benessere e soddisfazione migliorando, con poca spesa e poca fatica, la qualità di vita in casa propria.

Più che investimenti di soldi per acquisti poco ponderati, per realizzare quello spazio di benessere e connessione con noi stessi serve soprattutto saper riflettere. Probabilmente la strada per ottenere il risultato ottimale è più semplice di quanto si crede.
Come per ogni progetto quindi, che sia arredare una stanza o allestire una singola parete, bisogna innanzitutto focalizzare l’obiettivo e procedere per step:

Quattro step per migliorare l’estetica della propria casa (ovvero metterci la testa).

Primo step: partire dallo stato delle cose e dal problema da risolvere.

Questo è il primo passo. Sembrerà banale, ma non sempre quando si percepisce una mancanza, e una conseguente necessità, si sa con certezza che cosa ci manca, che cosa vorremmo, a quali bisogni reali vorremmo rispondere.

Si tratta di fare un cambiamento completo della casa o solo un miglioramento? Abbiamo bisogno di un semplice restyling per modernizzare o vivacizzare un ambiente? E come porsi di fronte alla progettazione pratica, da una parte, e al “significato” di ciò che si progetta, dall’altra?

Le necessità che sentiamo, infatti, possono essere:

  • di carattere funzionale: ad esempio ricavare più spazio per lo smartworking, ottenere più luce per cucinare in comodità ecc.;
  • oppure possono essere legate alla sfera dei valori, al sentirci più o meno a nostro agio. Magari ci siamo accorti che la nostra casa non ci rappresenta, o rappresenta l’immagine pubblica di noi, invece che quella più intima e privata, o non rappresenta tutti gli individui che la abitano ecc.

Fondamentale, quindi, per qualsiasi processo decisionale è mettere a fuoco l’obiettivo. Il principale, innanzitutto e, eventualmente, gli obiettivi secondari.

Secondo step: si delineano gli aspetti della situazione, cioè si esplora il problema nei suoi dettagli.

Molto spesso si tende a semplificare e a liquidare una situazione come non valida in toto, buttando via il bambino insieme all’acqua sporca. Molto più probabilmente basta identificare con maggior precisione, scomponendoli, gli elementi fondamentali da mettere sul tavolo.

Il punto è che l’analisi dello status quo, se fatta bene e con calma, probabilmente permetterà di conservare alcuni elementi già esistenti. Magari si capirà che, per ottenere ciò di cui la casa ha bisogno, non sono necessarie drastiche modifiche. E questo comporta di per sé un risparmio di soldi e fatica.
Solo dopo questa analisi preliminare lucida e calma, si può fare un passo verso il progetto vero e proprio.

Terzo step: la fase del “brainstorming”.

Come dice la parola, è un momento in cui si cercano idee alle questioni poste, senza giudicarle subito buone o cattive. Le soluzioni concretamente più adeguate si definiscono in seconda battuta.

Il brainstorming si utilizza, come è noto, nei processi di sviluppo di nuovi prodotti, nella pubblicità, nelle risoluzioni di problemi, nei team sportivi o di lavoro, nella gestione di impresa o nella creazione artistica, generando condivisione tra chi partecipa. Bene, si può fare brainstorming anche quando vogliamo cambiare faccia alla nostra casa.

Quarto step: si tirano le fila.

Cosa è realizzabile con più profitto, meno spesa e soprattutto più aderenza agli obiettivi che abbiamo individuato (ad esempio, ottenere spazio in casa per lo smartworking o magari ricavare un’ambiente dedicato al relax, alla lettura, alla musica ecc.)?

In questa fase è imprescindibile fare degli schizzi a mano su un foglio di carta.

Gli schizzi permettono di “vedere” e confermare o meno un’idea, annotare cose fondamentali come ad esempio le misure, le larghezze e altezze delle pareti, i costi dei materiali e via dicendo. Sono cioè una prima prova empirica di fattibilità.

Molto probabilmente la fase del bozzetto riaccenderà il brainstorming e porterà ad ulteriori idee e possibili soluzioni da provare e verificare. Il budget disponibile determinerà se abbandonare alcune ipotesi o meno. E, una volta esaminati tutti i fattori, le direzione verso la buona scelta finale sarà tracciata.

Tre concetti della progettazione visiva da portare in casa (ovvero metterci gli occhi).

Studiare gli spazi per non riempirli troppo o, viceversa, lasciarli troppo vuoti, definire un proprio stile di arredo, cercare una palette cromatica che ci rappresenti, pensare l’illuminazione. Tutto ciò determina la buona riuscita estetica della casa. Ma, anche se non si è interior designer, possiamo affidarci a tre regole della progettazione, e della progettazione visiva, che sono trasversali.

  1. Dare un significato alla propria casa.
  2. Realizzare uno o più focus visivi nell’ambiente.
  3. Dare alla casa un’”immagine coordinata”.

Dare un significato alla propria casa.

Il progetto, qualsiasi progetto, deve andare alla ricerca di una soluzione, ma anche e soprattutto di un’idea, un perchè, un “senso” semplice e pertinente.

Un buon concetto prima nasce da dentro, è qualcosa di interiore, e poi va a incarnarsi in un manufatto, sia esso un libro, una struttura fisica o una soluzione di arredo.
Provo a fare un esempio. Un soggiorno che si sceglie di arredare con librerie a giorno risponde probabilmente a un significato, a un “sentire” personale di chi ci vive, che va oltre la necessità di riporre una gran quantità di libri, ma che vuole renderli “sensorialmente” e fisicamente accessibili, vicini, toccabili, impolverabili, osservabili, spostabili…
Cioè i libri vengono posti in una relazione di un certo tipo con noi, e determinano un certo modo delle persone di agire nel soggiorno stesso. Si realizza cioè un’idea dell’ambiente che ha qualcosa a che vedere con l’idea di fluidità, di apertura, di pluralità, di dialogo tra oggetti ecc.

Avere una bella casa vuol dire darle un'identità. In questa immagine vediamo dischi in vinile disposti, ma anche esposti, in una libreria a giorno. Questa scelta di arredo manifesta la passione per la musica di chi abita la casa.
Foto: Jens Mahnke/Pexels.

Per realizzare interventi piccoli o grandi, ma che possono dare vita a un cambiamento di tono, di prospettiva, di aspetto e sensazioni in casa propria, serve innanzitutto seguire un’idea. Come un faro, farsi guidare da lei.

Senza dimenticare che la forma segue la funzione, le ragioni dell’utilizzo vengono prima dell’aspetto, o meglio, sono determinanti nella ricerca dell’aspetto. Sembrano banalità, ma a volte si fanno errori senza accorgersene, perchè nulla diventa sgradevole come un bell’abito inadatto al corpo che lo veste.

Realizzare uno o più focus visivi nell’ambiente.

Il concetto di “gerarchia visiva” corrisponde, in casa, alla necessità di considerare uno o più focus all’interno di una ambiente.
Che cos’è un focus? Il focus è un punto d’attenzione visivo legato ad una funzione, ma non solo. 

Il focus è tale quando è potente, cioè quando fa quello che dice. Come capire se un elemento funziona come focus? Bisogna provare a toglierlo.

Realizzare un focus visivo in una stanza vuol dire posizionare un elemento significativo che catalizza l'attenzione. Una carta da parati, uno specchio, una decorazione.
Soluzione semplice per creare un focus visivo e emotivo. Foto: Taryn Elliott/Pexels.

La casa si vive con gli occhi, oltre che con il movimento in essa. Motivo per cui si utilizzano strumenti percettivi (come l’uso del colore o di altri meccanismi di percezione visiva) per renderla psicologicamente più accogliente. In alcuni casi, addirittura curativa.

Gli esperi del settore, architetti, home stilist e designer di interni conoscono i segreti della percezione visiva e sanno applicare sapientemente, cioè in modo mirato rispetto alle esigenze di progettazione, particolari trucchi percettivi. Molte di queste soluzioni possono essere messe in pratica anche autonomamente.

Vediamo alcuni esempi di percezione visiva. Come si realizza un focus in un layout?

  • con oggetti di grandi dimensioni che catalizzano l’attenzione.
  • con una parete (o un insieme di arredo) di diverso colore rispetto al resto.
  • con l’utilizzo di un oggetto d’arredo dal colore caldo e vivace, che sembra emergere nel layout. Mentre i colori freddi e tenui tendono a rimanere maggiormente sullo sfondo.
  • con oggetti dalla forma particolare. Ad esempio interrompere la sequenzialità o la monotonia di oggetti rettangolari con un oggetto tondo crea un focus, attira l’attenzione.
  • creando contrasti di grandezza tra elementi d’arredo. Ad esempio una composizione di piccoli oggetti accostata ad un oggetto più grande crea di per sé un contrasto che l’occhio nota e da cui viene attirato (cosa valida ad esempio per la disposizione dei quadri su una parete).
  • creando linee direzionali e progressive (con l’utilizzo della luce, dei tappeti, dei mobili ecc.).
In questo esempio lampadario e vaso sono catalizzatori: attirano percettivamente l'occhio, realizzando, insieme alle poltroncine, l'estetica di una cucina anonima.
Lampadario e vaso sono catalizzatori: attirano percettivamente l’occhio, realizzando, insieme alle poltroncine, l’estetica di una cucina anonima. Foto: Max Rahubovskiy/Pexels.

Il focus, tuttavia, si può intendere anche come legato all’identità della casa, e quindi all’identità di chi la occupa.

L’identità dell’abitazione deve rappresentare coloro che la abitano, i quali devono sentirsi bene in casa come in una morbida scarpa fatta su misura.

Ad esempio: un soggiorno dove spazio e arredo sono progettati per alloggiare piante in vaso di notevoli dimensioni è un ambiente in cui sarà chiaro ed evidente il focus funzionale, ma anche rappresentativo della sensibilità degli occupanti. Una cucina il cui focus è rappresentato da un lungo tavolo al centro della stanza ne renderà evidente la funzione (tanto spazio di lavoro, tanto spazio di convivialità), ma metterà anche in evidenza l’anima della famiglia che la occupa, e probabilmente i valori su cui si posano le relazioni tra famigliari (accudimento tramite il cibo, il riunirsi a tavola, ecc.).

La scelta principale, estetica e funzionale, cioè, rimanda ad un’idea precisa, identificabile, di casa e di vita. Se ti corrisponde, la scelta si rivelerà la più giusta.

Dare alla casa un’“immagine coordinata”.

Non solo costruire, non solo arredare, bensì dare un’identità che è innanzituto visiva. La realizzazione della casa giusta per noi passa per l’armonia delle sue componenti e la loro aderenza all’identità stessa.

La casa è vita, e quindi bisogna fornirla di un “organismo”. Dove le singole parti sono in relazione tra loro e con il tutto. La casa non è fatta di pezzi scollegati tra loro, ma si struttura in un complesso, con una coerenza necessaria. La coerenza si costruisce.

Come ogni elemento singolo (elemento d’arredo o soluzione visiva che sia) non può prescindere dal contesto che ne modifica la percezione e la valenza estetica (questo vale come regola nell’interior design e in generale nella progettazione visiva), così anche l’estetica di ogni singola stanza non può prescindere dal contesto intero (cioè dalla casa nella sua totalità, e anche dall’esterno).

Si parla di “total look” come pratica di usare elementi d’arredo coordinati tra loro. Dalle stoffe all’oggettistica, il total look offre una soluzione pratica e veloce, grazie all’uso di una palette cromatica uniforme, per restituire un aspetto coordinato e armonioso.

Esempio di palette cromatica armonica nei tessili di questa stanza, che gioca con il grigio, il rosa cipria, il beige.
Esempio di palette cromatica armonica nei tessili di questa stanza. Foto: Max Rahubovskiy/Pexels.

L’insidia, però, c’è: armonia tra componenti non vuol dire avere ambienti monotoni che duplicano colori e tipologia di arredo in ogni stanza, senza variazioni di sorta. Cosa che spesso accade quando, per fretta o ansia, si decide di comprare il mobilio in blocco in un unico negozio, senza “costruire” l’identità della casa, la sua unicità, che va prima vissuta, sentita e pensata.

Bellezza e identità non vogliono dire progettare stanze tutte simili. Bensì, realizzare una varietà nell’uniformità.

Che cosa vuol dire creare varietà nell’uniformità?
Essendo un fatto di sensibilità, e non solo di tecnica, la risposta non pare semplice (come non è semplice afferrare il concetto di bello). Mi aiuto con dei proverbi e cerco di cavarmela così: accostare elementi diversi, ma senza uscire dal seminato. Non partire per la tangente, non saltare di palo in frasca. In definitiva, vuol dire creare varietà senza inserire elementi sconclusionati. E non divagare allontanandosi da quel punto comune che regge l’architettura visiva degli ambienti.

Non è semplice, ma nemmeno troppo complesso, perchè è vero che la soluzione pret a porter per tutte le situazioni e le case non c’è, ma si trova di sicuro in itinere.
Il motto “Creativity is a wild mind and a disciplined eye” calza sempre. E ci dice: siate creativi e spontanei, scegliete ciò che vi piace istintivamente, ma fatelo con occhio disciplinato.

Infine, casa posto del cuore.

In definitiva, l’obiettivo finale qual è?
Stare bene in casa propria, costruire ambienti che ci rappresentino, realizzare l’estetica particolare della propria abitazione (o di un luogo di lavoro).

Quindi:

Infatuarsi di una foto, di uno scorcio, di un materiale, di un’armonia di colori, di un fascio di luce. Immaginare, immaginare lucidamente. Dopo di che, con fiducia, mettersi in scia e tutto sarà in discesa!

Importante è dare lunga vita all’identità della propria casa. Per poter stare bene in casa propria, godere della sua estetica, essere soddisfatti intimamente del risultato ottenuto bisogna evitare di seguire acriticamente le tendenze stilistiche del momento, le mode o le pubblicità. O, quanto meno, non mettere le mode a fondamento delle scelte estetiche della propria casa.

Ottimo seguire la moda, se si vuole, ma con consapevolezza e una certa parsimonia. Il fulcro del ragionamento estetico sulla casa dovrebbe essere un altro. Sennò quelle scelte prima o poi ci verranno a noia, inizieranno a darci fastidio, ci stuferanno perchè non ci rappresentano.

Per realizzare con profitto e soddisfazione la casa che ci piace, e che sicuramente piacerà a chi viene a trovarci, bisogna tenere saldo il timone, chiara in mente la meta finale. La meta è creare una “polifonia” di voci diverse, ma armoniche in ogni stanza. O anche tra esterni e interni della struttura globale. Facendo attenzione alle sfumature che ogni elemento porta con sé: un quadro, un pavimento, una poltrona, un tessuto.

Come le tante sfumature della voce, così anche le possibilità di fare bella la propria casa sono pressoché infinite e legate al gusto e all’indole personale. Basta, “ça va sans dire”, non stonare!


Di cosa parla questo post:

Se ti è piaciuto questo articolo condividilo

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *